Il corallo di Sciacca

Lo chiamano “oro rosso”, ma a Sciacca il corallo ha un colore diverso così come il suo valore. Quanta bellezza luccica davanti agli occhi! e quanta arte nel ricavare da un rametto di corallo fossile, legato al fenomeno vulcanico dell’isola Ferdinandea, dei gioielli che in tanti, in Sicilia e all’estero, apprezzano.

Un’autentica scuola, di tradizione ormai secolare, quella dei corallari di Sciacca.

Tutto creato a mano e ideato dentro laboratori che si incontrano nelle vie e nelle piazze del centro storico della città, ognuno con il proprio stile e la propria creatività.

Ogni gioiello è unico ed è un capolavoro.

Sono creati con una materia prima tutta saccense, pescata nei fondali di quel mare che ha dato origine alla nascita e alla vita per pochi mesi, nel 1831, di un’emersione vulcanica a trenta miglia a largo di Sciacca, nota come isola Ferdinandea, l’isola che non c’è. È un corallo fossile, non più vivo, diverso da altri coralli del Mediterraneo, accumulatosi per millenni sul fondo del mare e sottoposto a un lento e lungo processo di mineralizzazione che ne ha modificato le caratteristiche e il colore creando un unicum che lo rende ricercato e pregiato.

Nessun banco corallino viene distrutto per ricavarne i caratteristici rami che, opportunamente trattati assumono colori delicati e cangianti dal rosso arancio intenso o pallido al rosa salmone.

Una materia grezza che, con minuziose lavorazioni e artistiche incisioni, diviene gioiello di valore.

Un’arte che si tramanda da diverse generazioni, che a Sciacca ha trovato grandi interpreti capaci di coniugare antico e moderno, con intelligenza e sensibilità. Una eccellenza.

La scoperta del corallo avvenne nel 1875 da parte di un pescatore, Alberto Maniscalco che, durante una battuta di pesca, notò nelle proprie reti la presenza di un rametto di corallo. Da lì iniziò una vera e propria corsa all’oro di Sciacca.

Legata alla scoperta del corallo, c’è la romantica leggenda (e anche una lirica del poeta Vincenzo Licata) di Bettu Ammareddu. A pesca con altri pescatori, perde a mare la catenina regalatagli dall’amata Tina, pegno d’amore e portafortuna. Bettu Ammareddu si tuffa in acqua e riemerge con un rametto di corallo.

Quella poesia, oggi è divenuta arte e identità di Sciacca che ha un consorzio di tutela e valorizzazione e un museo che ne ripercorre la storia.

 

Raimondo Moncada

 

FONTI

Varie

 
Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio!

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito?
1/2
Dove hai incontrato le maggiori difficoltà?
1/2
Vuoi aggiungere altri dettagli?
2/2
Inserire massimo 200 caratteri
È necessario verificare che tu non sia un robot