ACCURSIO MIRAGLIA

 

È stato ucciso in un agguato di stampo mafioso, il primo grande omicidio del dopoguerra in Sicilia. Ma la sua memoria, il suo esempio, non sono mai morti e sono divenuti leggenda. Accursio Miraglia vive, come vivono tanti altri eroi siciliani che non si sono mai inchinati di fronte alla tracotanza della criminalità.

È stato ucciso davanti il portone di casa, il 4 gennaio 1947, con scariche di mitra e colpi di pistola. Un omicidio eccellente ed eclatante che, a distanza di così tanto tempo, non ha ancora consegnato alla giustizia i colpevoli, mandanti ed esecutori. Subito dopo il misfatto, la polizia arrestò delle persone che poi furono clamorosamente scagionate da ogni accusa. E per quelle indagini furono anzi perseguiti gli stessi inquirenti, anche loro usciti indenni dal processo.

Il movente si ricava dalle attività di questo Uomo, con un’esistenza “contro” la mafia, le prepotenze, le ingiustizie, un Uomo che amava il prossimo, l’azione, la creatività, la vita.

Fu il segretario della Camera del lavoro di Sciacca (la prima in Sicilia), e per le sue dure battaglie si inimicò i grandi latifondisti di allora per l’assegnazione a cooperative di contadini delle terre incolte da scorporare dalle grandi proprietà terriere.

In un componimento poetico, il poeta Ignazio Russo così lo descrive:

Un metru e novanta era Miraglia:

bonu di cori, forti e ‘ntilligenti,

un coraggiusu omu chi si scaglia

contru l’aggiri di li priputenti.

Facìa giustizia contru li canaglia

stu prutitturi di povira genti.

Sempri primu, di nuddu si scantava,

e pi chissu lu populu l’amava.

 

Lui, di sangue aristocratico, lottò contro lo sfruttamento della povera gente, gli ultimi, e per i diritti sanciti dalle leggi.

Ai funerali, andò un popolo e importanti politici da tutta Italia. Quando la bara uscì per essere trasportata al cimitero, tutte le industrie d’Italia suonarono all’unisono le sirene. Per dieci minuti gli operai italiani e siciliani si fermarono per rendergli omaggio.

Era cristiano e comunista, amava la libertà e la solidarietà. Dava una mano a tutti e alla sua città. Coi suoi soldi fece ristrutturare il vecchio orfanotrofio. Donava mille lire al mese per il sostentamento di ogni bambino, aiutava i pescatori e i contadini dilapidando parte del conto in banca. Fu presidente dell’ospedale, amministratore, del teatro Rossi, fondatore della storica cooperativa agricola “La Madre Terra”, fu costruttore del Partito Comunista a Sciacca e anche artista.  Suonava il violino, scriveva, dipingeva, si dilettava a creare le coreografie e i copioni del Carnevale di Sciacca.

Il figlio Nico gli ha dedicato una Fondazione e un’esistenza votata al suo ricordo e alla ricerca della verità. Il nipote Fabio (figlio di Nico) ha dedicato al nonno la tesi di laurea e un libro in cui si riporta questa frase incisa nel monumento scolpito da Filippo Prestia e collocato in Piazza Lazzarini a pochi passi dal luogo del delitto:

Io non impreco e non chiedo alcuna punizione. Io che ho tanto amato la vita, chiedo ad essa di vedere pentiti coloro che ci hanno fatto del male.

Su una foto di Accursio Miraglia, troviamo vergato a mano il motto:

Meglio morire in piedi, che vivere in ginocchio.

Il regista Giuseppe Tornatore, al quale nel 2014 è stata conferita la cittadinanza onoraria di Sciacca, ha parlato del suo sacrificio nel film Baaria.

Ad Accursio Miraglia sono dedicati, nella sua città, una scuola e una via nel quartiere della Perriera.

In nome del sindacalista saccense e delle vittime di Portella della Ginestra, “due tasselli di un unico puzzle”, nel 2018 i Comuni di Sciacca e di Piana degli Albanesi hanno siglato un Atto di Gemellaggio per mantenere viva la memoria, “per continuare l’azione di chi si è immolato, di chi è caduto per farci rialzare, per farci prendere coscienza, per darci la fierezza di essere siciliani, figli di una terra di civiltà, di storia, di arte, di cultura, di intelligenze, di luci, di potenzialità”.

 

Raimondo Moncada

Ultimo aggiornamento

6 Febbraio 2023, 15:47