La storia del Carnevale di Sciacca

Il Carnevale di Sciacca ha una tradizione ultra secolare, definendosi “il più antico di Sicilia e il più allegro d’Italia”.

Il Ministero dei Beni Culturali lo ha inserito nell’elenco dei Carnevali Storici d’Italia. La speciale Commissione istituita dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana ha deliberato il suo inserimento nel nuovo Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia con questa motivazione:

“Il Carnevale di Sciacca viene unanimemente accettato per chiara fama in quanto esso, già documentato nel 1626 e nell’Ottocento citato da Giuseppe Pitrè, coinvolge gran parte della popolazione, vuoi per la laboriosa preparazione dei carri che nella fruizione della festa stessa. Fin dal 1882 si accetta la composizione di testi dialettali che accompagnano gruppi e carri nel corso della manifestazione”.

Il Carnevale di Sciacca, secondo lo studioso Giuseppe Verde, nasce come “appuntamento di panza”. Lo storico, e grande esperto della manifestazione, ne ha parlato diffusamente nel corso di un convegno promosso proprio su questo argomento (“Festa di panza“) dall’Assessorato alla Cultura e dalla biblioteca comunale “Aurelio Cassar” il 21 febbraio 2019, ad apertura del programma della nuova edizione.

Come appuntamento gastronomico, il Carnevale di Sciacca risale addirittura al 1626. Era un momento di augurio, di origine contadina, che poi si svilupperà dalla fine dell’Ottocento con le mascherate, i copioni, i carretti e poi le “carruzzate” trainate inizialmente da animali e con un gruppo di artisti popolari sopra la piattaforma a intrattenere il pubblico, con suoni, canti e recite (i primi cortei hanno attraversato la Via Licata con partenza da Porta Bagni, poi le sfilate sono state trasferite nell’attuale percorso di Corso Vittorio Emanuele).

L’evoluzione progressiva, inarrestabile, ci ha portato allo spettacolo che oggi ammiriamo nel Carnevale “moderno” con i coreografici gruppi mascherati che, nel centro storico, sfilano accompagnando imponenti e meravigliosi carri allegorici, che le maestranze hanno trasformato in veri e propri capolavori di modellazione, colori e animazione.

Uno degli elementi più caratterizzanti è quello legato ai copioni satirici, recitati durante lo svolgimento della festa. Tale aspetto letterario rende il Carnevale di Sciacca unico in Italia. I primi testi vennero scritti per alcune mascherate (“gruppi di persone in costume o a tema – ci spiega Pippo Verde – che si muovevano in vari ambienti, sul finire dell’Ottocento: i primi copioni per carri, infatti, si riscontrano solo a partire dal secondo decennio del Novecento”).

Il primo copione di cui si ha notizia risale al 1883. Risulta essere Riunioni in una cantina di tutti li vuttara di Sciacca. L’autore è il poeta Luigi Venezia. Tanti poeti locali iniziarono la propria attività letteraria cimentandosi nella scrittura dei copioni come Vincenzo Licata e Ignazio Russo (Vincenzo Licata è anche l’autore dell’inno ufficiale che, dal 1950, accompagna il Peppe Nappa, la maschera simbolo dell’evento che ha sostituito Lu Nannu).

L’evento prende tutti, attirando i migliori artisti della città: poeti, scrittori, compositori, cantanti, ceramisti, pittori, architetti, allievi della scuola d’arte “Bonachia” ecc.

Lo studioso Giuseppe Verde distingue quattro fasi storiche del Carnevale di Sciacca: la prima fase del “carnevale vecchio” va dal 1883 al 1949 e si caratterizza per la presenza di mascherate con copioni (dal 1883) e carri con copioni (dagli anni Venti). Dal 1950 al 1967, è individuata la seconda fase del “carnevale vecchio”: alle mascherate e ai carri con copioni si aggiunge la presenza dei bozzetti grafici.

Poi ci fu uno stop di sei anni, a seguito del devastante terremoto che nel 1968  colpì la Valle del Belice. 

Dal 1974 al 1983, si colloca la terza fase del “carnevale vecchio” con la presenza di carri con copioni e bozzetti grafici. “Dopo cento anni dal suo inizio – ci dice Pippo Verde – cominciò gradualmente a delinearsi una progressiva ma netta diversificazione tra il vecchio e il nuovo carnevale: per la prima volta fu redatto un bando apposito per regolamentare i gruppi mascherati, uno dei quali si piazzò davanti al carro SOS che cominciò a sfilare a terra (fino all’anno precedente i gruppi animavano spontaneamente sopra il carro per tutta la sfilata)”. Dal 1983 vennero costruiti i plastici in scala, l’inno cominciò a essere registrato, i carri con i gruppi a terra cominciarono le loro trasformazioni tecnologiche con le strutture portanti realizzate in ferro ricoperto da reti metalliche e fogli di carta ,  e poi con altro materiale leggero come il polistirolo e la vetroresina. I copioni cominciarono a sganciarsi dalla rima e anche dal dialetto locale.

Una festa popolare coinvolgente e senza transenne, un’attrazione, un’opera d’arte nel suo complesso in cui ogni dettaglio è curato al massimo: la modellazione dei carri allegorici, l’allestimento dei costumi a tema, la preparazione delle coreografie, la composizione e l’esecuzione degli inni, la scrittura e la recita dei copioni sul grande palco di Piazza Angelo Scandaliato.

Il cuore di Sciacca, il suo centro storico, si trasforma in uno straordinario palcoscenico, dove i protagonisti non sono solo carristi, ballerini, coreografi, attori, registi, truccatori, tecnici, scultori, pittori, musicisti e straordinari creativi, ma anche il pubblico che giungendo da ogni dove gremisce per giorni piazze, corsi e vicoli.

Raimondo Moncada

(Inserito nella rubrica “Leggere, sapere, vivere” dello spazio internet della Biblioteca comunale “Aurelio Cassar”)

 

Bibliografia

Cannalivari: il Carnevale di Sciacca dalle origini al 2011 – di Giuseppe Verde – anno 2013 –  Aulino Editore – Assessorato regionale Turismo, Sport e Spettacolo;

Truvatura di Cannalivari: I vecchi copioni del Carnevale di Sciacca (1883-1983) – di Giuseppe Verde – Anno 2017 – Melqart Communication – Assessorato comunale al Turismo;

Il poeta Luigi Venezia – di Giuseppe Verde – anno 2016 – Melqart Communication – Assessorato comunale al Turismo.